Introduzione

Chi entra nel mio studio incontra prima di tutto un essere umano. Le mie qualifiche e la professione che esercito rendono possibile questo incontro che altrimenti non avverrebbe, ma questo è e rimane comunque un incontro tra esseri umani.

Spesso molti professionisti usano le proprie qualifiche quasi come uno scudo, e cercano di essere il più a-personali possibili. Per molti questa spersonalizzazione è sinonimo di professionalità. Il ruolo sostituisce la persona e, più che con esseri umani, si ha talvolta l’impressione di avere che fare con “esperti”.

Le circostanze vogliono che io pratichi un Metodo che riporta il nome e il cognome di chi lo ha sviluppato. Il nome non richiama il campo di applicazione o i principi su cui lavora(¹), e non impartisce regole e protocolli da applicare con sistematicità.

Questo Metodo prima di tutto è un’esperienza che ognuno può fare sulla propria pelle. Ogni studente Feldenkrais scrive dentro di sé il diario del proprio corpo, e col tempo si accorge di lavorare alla redazione di un’opera mastodontica, dove ogni capitolo è strettamente collegato a tutti gli altri.
Il diario del corpo del dr. Feldenkrais si è trasformato in un best seller pluripremiato, se mi si passa il paragone, ma anche il diario di ognuno di noi può diventare una piccola tesi di laurea.

Il fatto di seguire il Metodo Feldenkrais può incutere un certo timore reverenziale: Moshe Feldenkrais è stato un genio paragonabile a pochi altri, e coloro che studiano la sua metodologia rischiano di vivere sempre alla sua ombra e di non esplorare, con lo stesso coraggio e sconfinata curiosità che ebbe lui, territori che attualmente appaiono ignoti e che magari all’epoca non si potevano ancora scorgere.

Territori culturali, intellettuali e personali.

Parallelamente il Metodo Feldenkrais mi invita a trovare una mia dimensione nel Metodo. Una mia applicazione, una seconda pelle.
Vorrei dire di poter “indossare” il Metodo Feldenrkais con lo stesso piacere e la stessa disinvoltura con cui indosso la mia maglia preferita, che diviene parte di me e della mia storia.

Con questo scritto intendo anticipare l’esistenza di una rubrica, all’interno di questo blog., che prenderà il nome di DIARIO DI UN CORPO.

Proporrò il mio punto di vista interno sulle dinamiche che mi mettono alla prova nel percorso di sviluppo e consapevolezza di sé. Cercherò di non nascondermi dietro le nozioni e l’esperienza che dovrebbero fare di me un “esperto”, ma semplicemente traccerò una condivisione e chi vorrà potrà incrociare la sua storia con le pagine del diario di un corpo.

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  1.  Non si chiama, per esempio, “metodo per la consapevolezza dei processi psicomotori”, come sembra suggerire l’elaborato sottotitolo di un famoso libro di Feldenkrais, o “mind-body” che pare fu un espressione che utilizzò nei primi anni di diffusione dell’approccio. O nemmeno “il perfezionamento delle abilità“, titolo originale del primissimo libro scritto da Feldenkrais sul Metodo.
    Ho usato tre possibilità indicate implicitamente o meno dallo stesso fondatore, poi ci furono altri sviluppi con differenti nomi. Non mancano inoltre grandi esponenti del Metodo che, dopo una carriera pluridecennale, hanno brevettato una sorta di proprio approccio utilizzando il proprio nome e cognome o una differente espressione.

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