Quando un insegnante Feldenkrais va dal fisioterapista

Medico cura te stesso! Sull’incontro tra Metodo Feldenkrais e Fisioterapia

Dal momento che il Metodo Feldenkrais non appartiene all’ambito sanitario, io evito sempre di fare diagnosi e prognosi ai clienti. Gli allievi vengono da me portando tutta la propria persona, le diagnosi mediche sono solo una parte marginale di questa, e io, in base a ciò che vedo con gli occhi e sento con le mani, penso e suggerisco cosa, a mio avviso, si possa fare per migliorare i movimenti, per sentirsi più leggeri, più comodi, più efficaci, e per entrare in un processo di apprendimento.

Numerose volte ho consigliato di rivolgersi ad un medico o un fisioterapista. E una volta sola una persona è venuta da me sotto consiglio del fisioterapista.

A causa di un infortunio patito al ginocchio sinistro giocando a calcio, ho deciso di trattare me stesso come farei con un cliente, consigliandomi di rivolgermi al fisioterapista.
Di buon grado, ho accettato il consiglio.

Ho contattato quindi un professionista (fisioterapista e osteopata) che stimo e sono andato a farmi visitare.
È stato molto bello. Penso che ognuno in questo mondo tenda a vivere il proprio settore di lavoro come un universo chiuso e con poca comunicazione con professionalità più o meno simili alla propria. Gli approcci al corpo di un fisioterapista, di un osteopata o di un insegnante Feldenkrais (per fare solo tre esempi) sanno essere estremamente diversi tra loro.

Forse il dottore si è stupito notando come cadessi dal pero, mentre imparavo a fare degli esercizi di stretching come se non li avessi mai fatti prima. Non sapeva che nel mondo Feldenkrais lo stretching non viene utilizzato per ragioni che qui sarebbe troppo lungo affrontare.
Mi ha fatto una sorta di analisi strutturale della parte inferiore del corpo: anche questo è un procedimento estraneo al mio modo di lavorare, il quale è interessato più al modo di usarsi (funzione) che alla risultante dell’utilizzo (struttura), più al tutto che alla parte.

Ho avuto una ulteriore conferma a sostegno della mia idea secondo cui molto spesso gli approcci strutturale e funzionale possano integrarsi a vicenda, raggiungendo una sorta di complementarietà.

Tornando a casa, ricapitolavo nella mia percezione tutti gli elementi emersi nella visita. E ho iniziato così a raccogliere le informazioni acquisite trasformandole in una “esperienza Feldenkrais”. Una volta arrivato, ho analizzato meglio nella stasi e nel movimento consapevole alcune cose dette dal fisioterapista.
Un esempio: ho percepito lo psoas con una chiarezza diversa dal solito, notando meglio come venisse coinvolto nei movimenti intrarotatori della gamba.

Insomma, l’immagine del mio sé si è ingrandita, ho imparato qualcosa.

Il mattino successivo, una cliente che viene da me solo da 4-5 volte, mi ha parlato della sua esperienza con una fisioterapista da cui sta andando in questi giorni a causa di una brutta distorsione alla caviglia che ha subito un mesetto fa.
Non è nuova ai fisioterapisti, e mi ha raccontato di come il lavoro con la sua dottoressa le rimanga di più rispetto a quando andava una volta, prima di iniziare a scoprire il Feldenkrais. Che riesce a osservarsi meglio facendo fisioterapia, e che si porta a casa degli elementi utili per riorganizzarsi meglio. Che osserva di più ad esempio come usa la caviglia e scarica il peso.

Ho commentato dicendo che in soli 4-5 incontri ha già capito molto del Metodo Feldenkrais, che non è una disciplina in cui si delega il lavoro all’operatore. È uno stile di vita.
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Ps: pare niente di grave al ginocchio, ma non dovrei giocarci sopra. Seguirò il consiglio..?

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